Into the wild, nelle terre selvagge
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Into the wild, nelle terre selvagge
« Se vuoi qualcosa nella vita, allunga la mano e prendila... »
(Christopher McCandless)
(Christopher McCandless)
Into the Wild - Nelle terre selvagge è un film del 2007, diretto da Sean Penn, tratto da una storia vera e basato sul romanzo di Jon Krakauer "Nelle terre estreme".
Il capolavoro di Sean Penn, riesce ad emozionare il cuore e ad aprire la mente dello spettatore. non esiste la minima banalità in un racconto di due ore e mezzo di film, che ti trasporta in un viaggio stupendo per gli Stati Uniti d'America fino ad arrivare alla terra selvaggia dell' Alaska. Un personaggio con una purezza d'altri tempi, che ti lascia in corpo una grande voglia di liberta'.Tutto bello ad iniziare da una regia e da una fotografia che ti lasciano a bocca aperta. Emile Hirsch è perfetto nelle vesti di christopher mccandless e sicuramente dopo aver reso popolare questo grande personaggio e dopo averci lavorato per quasi un anno, è lui quello che ha ricavato più giovamenti da questo film, diventando a 22 anni un uomo.
Stupendi anche tutti i personaggi incontrati lungo il viaggio, in cui ognuno riesce a regalare qualcosa al protagonista e viceversa. Da mensionare una grande colonna sonora, che già da sola racconta il film. Purtoppo, una sola nomination contro le troppe di espiazione e Michael Clayton. ma, gli oscar senza una grande sponsorizzazione non si vincono..... ma forse è meglio così.
Trama
(Attenzione: di seguito viene rivelata, del tutto o in parte, la trama dell'opera.)
- Spoiler:
- Il film racconta la storia vera di Christopher McCandless, un giovane benestante che, subito dopo la laurea, ottenuta nel 1990, abbandona amici e famiglia per sfuggire ad una società consumista e capitalista in cui non riesce più a vivere. La sua inquietudine, in parte dovuta al pessimo rapporto con la famiglia e in parte alle letture di autori anticonformisti come Thoreau e London, lo porta a viaggiare per due anni negli Stati Uniti e nel Messico del nord, con lo pseudonimo Alexander Supertramp. Durante il suo lungo viaggio verso l'Alaska, incontrerà sulla sua strada diverse persone, una coppia hippie, un giovane trebbiatore del Dakota, una giovane cantautrice hippie ed un anziano veterano chiuso nei suoi ricordi, a cui cambierà la vita con il suo messaggio di libertà e amore fraterno e dai quali riceverà la formazione necessaria per affrontare le immense terre dell'Alaska. Qui trova la natura selvaggia ed incontaminata che, con il passare del tempo, gli fa comprendere che la felicità non è nelle cose materiali che circondano l'uomo o nelle esperienze intese come eventi indipendenti e fini a se stessi, ma nella piena condivisione e nell'incontro incondizionato con l'altro. A conferma di questo Christopher, poco tempo prima di morire, scriverà su uno dei libri che era solito leggere "Happiness is real only when shared": la felicità è reale solo se condivisa.
Morirà, infine, di stenti o di freddo (le cause sono tutt'ora incerte, ma è probabile che la morte sia dovuta ad intossicazione alimentare, come mostrato nel film) in Alaska nel 1992. Nel suo cuore, prima di morire, riuscirà a vedere la luce del perdono per i suoi genitori e riconoscere la sua vera identità in quanto Christopher McCandless. La luce della verità e della redenzione di un uomo che ha sperimentato la libertà più estrema alla ricerca di una risposta al concetto di felicità terrena.
Recensione
Into the wild è uno di quei film che si prestano molto facilmente a due chiavi di lettura.
Nella prima chiave di lettura, il film si potrebbe riassumere in questo modo: un giovane arrogante e socialmente disadattato - senza amici, senza ragazza, immerso solo nei suoi libri e borioso abbastanza da citare autori sconosciuti ogni tre minuti - decide di scappare dalla sua famiglia subito dopo la laurea. Da' 20 000 dollari in beneficienza, ne brucia - letteralmente - altri 500, e parte. Direzione Alaska. Perché? perché vuole sentirsi libero dalle cose materiali e vivere nella natura selvaggia, e della natura selvaggia. Nel perseguire il suo obiettivo, incontrerà molte figure positive (fricchettoni, vecchi militari, contadini), facendo molto male ad alcune di loro, solo per perseguire il suo falso sogno di libertà.
La fine si potrebbe riassumere in un detto pisano molto in voga: l'hai voluta la bicicletta? O pedala ora! E non dico altro.
Una seconda chiave di lettura, più clemente nei confronti del protagonista, potrebbe mettere l'accento sul fatto che il giovine in questione parta per cercare una rinascita interiore che crede sia possibile solo con il contatto diretto della natura. Vuole una riscoperta di Dio che non sia solo attraverso i rapporti interpersonali (che lui reputa comunque incapaci di generare felicità, a causa della famiglia di merda che si è ritrovato), ma attraverso un panteismo di fondo, per cui Dio è in tutte le cose. Raggiungerà il suo obiettivo, quello di vivere in simbiosi con la natura, ma si accorgerà lui stesso alla fine che la natura è matrigna, non madre, e che la felicità non è tale se non è condivisa.
Lasciando da parte questi due pipponi che mi sono fatto, mi è piaciuto il film o no? Si, mi è piaciuto. E' girato benissimo, ci sono scene mozzafiato, la storia - che è una storia vera - è molto bella. Con elementi molto americani che temo vadano perduti alla maggior parte degli occhi europei (la mitologia del West, che vede l'Alaska come la vera ultima frontiera, la semplicità e la purezza del contadino conscio che la felicità sta nel non farsi seghe mentali indicibili...).
Non si arriva pero' mai ad empatizzare completamente con il protagonista. E questo mi ha sorpreso. Pensavo che mi sarei identificato completamente (anch'io un paio di volte sono stato li' li' per mandare affanculo tutti e partire, ma non ho avuto le palle (l'incoscenza?) per farlo). E invece no. Perché il personaggio è troppo integro. E' un santo moderno invasato, che calpesta tutto pur di arrivare in Alaska.
Memorabili in questo senso sono il volto della ragazzina in California, emblema di ogni pianto adolescenziale alla fine di un amore estivo, quando sai, ne sei convinto, che non potrai sopravvivere, che tutto è perduto. Bravissima. E ancora il pianto dell'anziano soldato che lo aiuta ad arrivare in Alaska. Quando anche lui sa che tutto è perduto, che non c'è più tempo, che anche l'ultima occasione è ormai passata.
Ecco, forse il film sta tutto in questi due pianti: nel rifiuto del protagonista di accettare l'amore degli altri, trovato senza cercarlo, nella convinzione che la felicità sia altrove. Si sbaglia. E lo scoprirà. Ma come in tutte le storie vere - e non dimentichiamoci che questa lo è - se ne accorgerà troppo tardi.
Bello davvero!!
PS: la musica, del cantante dei Pearl Jeam, Eddie Vedder, è spettacolare. Vi lascio il video della colonna sonora, dal quale potrete anche capire molto bene l'atmosfera del film.
Fonti:
http://www.mymovies.it
http://it.wikipedia.org
http://demoniopellegrino.blogspot.com
Ultima modifica di Mik Darko il Dom Set 13, 2009 12:25 pm - modificato 1 volta.
"Long Nights" - Eddie Vedder
Lunghe Notti
Non ho paura quando sarò solo
Starò meglio di quanto non stessi prima
Ho questa luce
Andrò in giro per crescere,
Quello che ero prima
Non riesco a ricordarlo
Lunghe notti mi permettono di sentire...
Sto cadendo... sto cadendo
Le luci si spengono
Mi lasciano sentire
Che sto cadendo
Sto cadendo al sicuro per terra.
Prenderò questa anima
Che è dentro di me ora
Come fosse un nuovo amico
Che conoscerò per sempre
Ho questa vita
E la volontà di dimostrare
Che sarò sempre migliore di prima
Lunghe notti mi permettono di sentire...
Sto cadendo... sto cadendo
Le luci si spengono
Mi lasciano sentire
Che sto cadendo
Sto cadendo al sicuro per terra
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