La scommessa di Pascal
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La scommessa di Pascal
Blaise Pascal (1623 - 1662) fu un grande matematico, fisico e filosofo francese, che dimostrò la sua precocità nell’apprendimento sin da bambino. Istruito dal padre Etienne Pascal, si applicò in lavori in scienze naturali e applicate, e nello studio dei fluidi. A soli sedici anni scrisse un trattato sulla geometria proiettiva (famoso è il Teorema di Pascal), e con Pierre de Fermat lavorò sulla teoria della probabilità, in cui apportò grandi scoperte. La sua vita fu vissuta nell’intensa conoscenza di Dio, il promotore e fautore degli eventi fisici della natura, durante la quale abbandonò nel 1654 lo studio della matematica e della fisica dedicandosi alla teologia e alla filosofia.
La sua mente con il suo cuore cessò di vivere molto giovane, a soli 39 anni nel 1662, dopo una lunga malattia che segnò la sua vita sin dalla fanciullezza. Di lui sono noti aneddoti molto curiosi: arrivato in ritardo all’università, appuntò tre problemi che il professore aveva trascritto sulla lavagna, e ritenendoli tali, ovvero senza sapere che si trattavano di 3 dilemmi matematici “senza soluzione” fino ad allora, il giorno dopo Pascal consegnò al professore le soluzioni di soli due problemi, scusandosi con lo stesso poiché non era riuscito a fare il terzo in quanto non l’aveva capito.
Famosissima è la “Scommessa di Pascal” che formulò durante i suoi studi sulla fede in Dio, affrontata con spirito “statistico”, considerando ogni possibilità, ovvero i casi favorevoli e quelli sfavorevoli.
Secondo Pascal, è conveniente credere in Dio perché:
1. Se Dio esiste, allora si ottiene la salvezza;
2. se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere.
Secondo Pascal, quindi, la posta in palio è una quantità infinita e innumerabile, ovvero l’eternità e la beatitudine. In entrambi i casi c’è la certezza della vittoria, ossia ottenere la salvezza, oppure, se dopo la morte c’è il nulla, si è vissuti una vita nell’amore e nel rispetto della vita, della terra e del prossimo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal
D’altronde, il grande apostolo Paolo cita un pensiero intenso sull’esistenza certa dell’aldilà nella sua lettera alla chiesa cristiana in Corinto (prima lettera ai Corinzi capitolo 15, dal verso 12 al 19), in cui afferma che, se gli apostoli (compreso lui che non si è nemmeno sposato) che hanno tanto sofferto durante la loro vita per servire quel Dio che “non esiste” secondo alcuni, avessero lottato solo per la vita che stavano vivendo, allora sarebbero i “più miserabili fra tutti gli uomini” !
La sua mente con il suo cuore cessò di vivere molto giovane, a soli 39 anni nel 1662, dopo una lunga malattia che segnò la sua vita sin dalla fanciullezza. Di lui sono noti aneddoti molto curiosi: arrivato in ritardo all’università, appuntò tre problemi che il professore aveva trascritto sulla lavagna, e ritenendoli tali, ovvero senza sapere che si trattavano di 3 dilemmi matematici “senza soluzione” fino ad allora, il giorno dopo Pascal consegnò al professore le soluzioni di soli due problemi, scusandosi con lo stesso poiché non era riuscito a fare il terzo in quanto non l’aveva capito.
Famosissima è la “Scommessa di Pascal” che formulò durante i suoi studi sulla fede in Dio, affrontata con spirito “statistico”, considerando ogni possibilità, ovvero i casi favorevoli e quelli sfavorevoli.
Secondo Pascal, è conveniente credere in Dio perché:
1. Se Dio esiste, allora si ottiene la salvezza;
2. se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere.
Secondo Pascal, quindi, la posta in palio è una quantità infinita e innumerabile, ovvero l’eternità e la beatitudine. In entrambi i casi c’è la certezza della vittoria, ossia ottenere la salvezza, oppure, se dopo la morte c’è il nulla, si è vissuti una vita nell’amore e nel rispetto della vita, della terra e del prossimo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal
D’altronde, il grande apostolo Paolo cita un pensiero intenso sull’esistenza certa dell’aldilà nella sua lettera alla chiesa cristiana in Corinto (prima lettera ai Corinzi capitolo 15, dal verso 12 al 19), in cui afferma che, se gli apostoli (compreso lui che non si è nemmeno sposato) che hanno tanto sofferto durante la loro vita per servire quel Dio che “non esiste” secondo alcuni, avessero lottato solo per la vita che stavano vivendo, allora sarebbero i “più miserabili fra tutti gli uomini” !
Teresa- Numero di messaggi : 76
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