Il mistero della Voyager II pioniera del cosmo
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Il mistero della Voyager II pioniera del cosmo
La decana delle sonde spaziali è uscita dal sistema solare e da oltre un mese invia dati scientifici illeggibili. Ma la sua struttura è integra. Dal 2015 sarà la testimone nell’universo della presenza umana.
Trenta giorni, tanti ne sono passati da quando Voyager II ha cominciato a far ammattire gli scienziati della Nasa. Ma occorre fare un passo indietro di oltre tre decenni per capire quanto paradossale sia la vicenda di questa sonda interstellare. Nell’agosto del 1977 da Cape Canaveral, in Florida, partivano per il loro viaggio senza ritorno Voyager I e II, progettate per raccogliere dati sui pianeti esterni e inviarli alla Terra.
Le informazioni su Giove e Saturno, raggiunti fra il 1979 e il 1981, completarono quelle già spedite dalla sonda sorella, mentre quelle su Urano e Nettuno, avvicinati fra il 1986 e il 1989, rimangono tuttora le uniche avute. Nel dicembre di tre anni fa, il primo annuncio storico: Voyager II aveva superato il terminal shock, la zona oltre la quale il campo magnetico solare non ha più influenza, e che in termini di distanza vuol dire quasi tredici miliardi di chilometri. Fra il giubilo degli scienziati, che potevano così definire con esattezza il limite del sistema solare, e la meraviglia degli astrofili, Voyager II proseguiva il suo viaggio pionieristico. Ma verso cosa?
Si ipotizza che fra circa qualche decina di migliaia di anni la sonda arrivi in prossimità di un’altra stella, muovendosi in direzione della costellazione del Cane Maggiore. Per il resto, le due Voyager possono ben definirsi come quelle bottiglie con un foglio arrotolato al loro interno che i naufraghi affidavano alle onde degli oceani.
Possiedono infatti le informazioni sul nostro pianeta e la nostra civiltà, indicazioni morfologiche di uomo e donna, e un disco contenente due brani musicali (Mozart e Hendrix), immagini e suoni della natura, e un saluto in 55 lingue (dall’accadico al wu).
Dal 2015, quando cioè il giroscopio che consente all’antenna di orientarsi verso la Terra finirà di funzionare, lo scopo di Voyager sarà quello di testimoniare a civiltà lontanissime la nostra presenza nell’universo.
Ciò che però impensierisce gli scienziati da un mese è che Voyager, attualmente a 13,8 miliardi di chilometri da noi, sta inviando dati scientifici incomprensibili, mentre quelli inerenti allo stato di salute e alla sua rotta non hanno anomalie.
Secondo le ultime analisi dei tecnici della Nasa, la ragione del problema sarebbe nel flight data system, responsabile della formattazione dei dati. Così ha riferito Edward Stone, responsabile scientifico del programma Voyager:
Tradotto: nessuna forma di vita extraterrestre ha raccolto la sonda interstellare. «Le distanze sono immense e la probabilità che qualcosa abbia raggiunto il Voyager sono minime». Le ultime informazioni (i dati impiegano 13 ore per arrivare sul nostro pianeta) hanno confermato l’integrità della struttura, escludendo di fatto danni materiali.
La sonda che doveva aiutare a svelare i misteri del cosmo, è diventata lei stessa un rebus da risolvere.
Trenta giorni, tanti ne sono passati da quando Voyager II ha cominciato a far ammattire gli scienziati della Nasa. Ma occorre fare un passo indietro di oltre tre decenni per capire quanto paradossale sia la vicenda di questa sonda interstellare. Nell’agosto del 1977 da Cape Canaveral, in Florida, partivano per il loro viaggio senza ritorno Voyager I e II, progettate per raccogliere dati sui pianeti esterni e inviarli alla Terra.
Le informazioni su Giove e Saturno, raggiunti fra il 1979 e il 1981, completarono quelle già spedite dalla sonda sorella, mentre quelle su Urano e Nettuno, avvicinati fra il 1986 e il 1989, rimangono tuttora le uniche avute. Nel dicembre di tre anni fa, il primo annuncio storico: Voyager II aveva superato il terminal shock, la zona oltre la quale il campo magnetico solare non ha più influenza, e che in termini di distanza vuol dire quasi tredici miliardi di chilometri. Fra il giubilo degli scienziati, che potevano così definire con esattezza il limite del sistema solare, e la meraviglia degli astrofili, Voyager II proseguiva il suo viaggio pionieristico. Ma verso cosa?
Si ipotizza che fra circa qualche decina di migliaia di anni la sonda arrivi in prossimità di un’altra stella, muovendosi in direzione della costellazione del Cane Maggiore. Per il resto, le due Voyager possono ben definirsi come quelle bottiglie con un foglio arrotolato al loro interno che i naufraghi affidavano alle onde degli oceani.
Possiedono infatti le informazioni sul nostro pianeta e la nostra civiltà, indicazioni morfologiche di uomo e donna, e un disco contenente due brani musicali (Mozart e Hendrix), immagini e suoni della natura, e un saluto in 55 lingue (dall’accadico al wu).
Dal 2015, quando cioè il giroscopio che consente all’antenna di orientarsi verso la Terra finirà di funzionare, lo scopo di Voyager sarà quello di testimoniare a civiltà lontanissime la nostra presenza nell’universo.
Ciò che però impensierisce gli scienziati da un mese è che Voyager, attualmente a 13,8 miliardi di chilometri da noi, sta inviando dati scientifici incomprensibili, mentre quelli inerenti allo stato di salute e alla sua rotta non hanno anomalie.
Secondo le ultime analisi dei tecnici della Nasa, la ragione del problema sarebbe nel flight data system, responsabile della formattazione dei dati. Così ha riferito Edward Stone, responsabile scientifico del programma Voyager:
«Questo è un fatto molto comune che può dipendere da una particella che abbia modificato accidentalmente una memoria del sistema, o da un guasto di tutto il pezzo. Non è la prima volta che avviene una cosa del genere, e non è necessario immaginare che sia dovuta a un agente esterno».
Tradotto: nessuna forma di vita extraterrestre ha raccolto la sonda interstellare. «Le distanze sono immense e la probabilità che qualcosa abbia raggiunto il Voyager sono minime». Le ultime informazioni (i dati impiegano 13 ore per arrivare sul nostro pianeta) hanno confermato l’integrità della struttura, escludendo di fatto danni materiali.
La sonda che doveva aiutare a svelare i misteri del cosmo, è diventata lei stessa un rebus da risolvere.
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