L'incontro di Glyndon col Guardiano della Soglia
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L'incontro di Glyndon col Guardiano della Soglia
L’addestramento di Glyndon procede per lungo tempo, tempo in cui aiuta il Mistico nelle sue faccende, ma senza vedersi rivelare alcun mistero sugli esperimenti che questi conduce.
Meynour, conscio della curiosità del discepolo, dapprima gli spiega le ragioni di questa decisione (“credi tu dunque che io vorrei affidare al semplice discepolo poteri che potrebbero cambiare la faccia del mondo sociale, se male adoperati? Porta pazienza. “)
La prova del Guardiano della Soglia non è semplice da considerare, anche solo a livello intellettuale: io non so cosa ci sia oltre, non ho sperimentato l’Iniziazione. Eppure a volte mi viene da chiedermi, (anche leggendo la descrizione che Steiner fa del Grande Guardiano della Soglia à “Iniziazione”, R. Steiner) se il Guardiano possa essere considerato un simbolo. Elifas Levi parla spesso dell’enigma della sfinge, riferendosi alla sfinge sia dal punto di vista del mito di Edipo, che dal punto di vista di “insieme di animali” –che sono poi gli stessi animali presi come simbolo degli evangelisti: le ali d’aquila, i lombi di toro, gli artigli di leone e la testa umana.
Ognuno di questi animali non è che una virtù umana resa simbolo: la testa umana come intelligenza, le ali d’aquila come libertà, i lombi di toro come pazienza, gli artigli di leone come forza.
La risposta all’enigma che la Sfinge fa ad Edipo (qual è l’animale che al mattino ha quattro gambe, al pomeriggio due e alla sera tre?) è: l’uomo.
La conoscenza iniziatica è appunto legata alla natura dell’uomo, alla conoscenza di sé come Essere più complesso della normale percezione (anche elevata) che si può avere di se stessi.
Il Guardiano è dallo Steiner descritto come colui che svela al discepolo il suo karma, le forze invisibili che hanno tessuto la sua storia, a sua insaputa, durante i secoli di incarnazioni, e lo segue da quel momento come un’ombra.
Se questa entità sia da intendersi romanzescamente come in Lytton, più astrattamente come in Steiner, o come simbolismo, è una domanda a cui credo in pochi saprebbero rispondere –e questi pochi non credo ne parlerebbero- ma la cosa certa è che la preparazione, come la vicenda di Glyndon insegna, non è mai da sottovalutarsi.
Lo stato d’animo del discepolo, le sue conquiste, devono essere continue, non sbalzi di entusiasmo o superbia in cui gli pare di percepire qualcosa di “superiore”: lì si trova ancora nel mondo degli spettri, ed un solo sorso di elisir può essergli fatale. La realtà va conquistata per gradi.
Autrice: Violet
Meynour, conscio della curiosità del discepolo, dapprima gli spiega le ragioni di questa decisione (“credi tu dunque che io vorrei affidare al semplice discepolo poteri che potrebbero cambiare la faccia del mondo sociale, se male adoperati? Porta pazienza. “)
Glyndon entra nella stanza, accende le lampade e trova un libro aperto, con le istruzioni sulla disposizione di 9 lampade e dell’assunzione dell’elisir con cui si sarebbe dovuto lavare le tempie. Una sola raccomandazione: evitare di berlo senza adeguata preparazione. A questo punto, il testo si fa incomprensibile e criptato. Glyndon accende le lampade .“Finalmente un giorno Meynour si trovò soddisfatto dei progressi del suo discepolo e disse:
l’ora giunge in cui potrai oltrepassare la grande ma invisibile barriera, in cui potrai gradualmente affrontare il terribile Abitante della Soglia. […] Io ti lascio per un mese; se al mio ritorno, i compiti che ti ho affidati saranno terminati e la tua mente sufficientemente preparata alla prova, ti prometto che la prova stessa avrà senz’altro inizio. Ti faccio una sola raccomandazione, considerala però un comando perentorio: non entrare in questa stanza! E se per qualche ricerca di materiali necessari ai tuoi lavori non potessi assolutamente fare a meno di entrarvi, evita assolutamente di accendere la nafta nelle lampade e di aprire le fiale allineate su quello scaffale. Lascio la chiave della stanza in tua custodia, allo scopo di mettere alla prova la tua curiosità e il tuo autocontrollo. Bada, la tentazione stessa è parte del tuo esame!
[…]
E’ notte alta. Tutto tace nel vecchio castello, nulla respira sotto le malinconiche stelle.
E’ l’ora. Meynour giunge domani: afferra il momento! Così, con polso fermo, la tua mano apre la porta proibita.”
Dopo essersi svegliato nella sua stanza il pomeriggio, Glyndon apprende dal parroco che Meynour è tornato e dopo averlo medicato se n’è andato.“Una fiamma di colore azzurro argenteo scaturì da ognuna di esse, illuminando l’ambiente di un chiarore abbagliante. Ma ben presto quella luce divenne più vaga ed opaca, mentre una sottile nuvola, grigia come nebbia, dilagò nella stanza. Un gelido brivido serpeggiò nel cuore del giovane e lo avvolse come il freddo della morte. Istintivamente, si diresse verso lo scaffale delle fiale di cristallo, prese l’elisir, lo massaggiò sulle tempie e lo bevve. Rimase allora con le braccia incaricate al petto, in piedi e senza timore, ad attendere gli eventi.
Il vapore aveva ormai assunto la densità d’una nuvola di neve, e le lampade, la cui luce la trapassavano, erano simili a lontane stelle. Incominciò a vedere distintamente delle forme entrar dalla finestra e scivolar lente e con evoluzioni regolari attraverso la strana nuvola. Sembravano senza sangue, con corpi trasparenti, che si contraevano e dilatavano come spire d’un serpente. Mentre muovevano in maestosa processione, udì un suono basso, quasi l’eco di una voce, che ognuna coglieva e rimandava all’altra. Un suono basso, ma musicale, che sembrava l’inno di una gioia tranquilla e intraducibile. Nessuna di queste apparizioni si curò di lui. Il suo intenso desiderio di accostarle gli fece stender le braccia e tentare di gridar forte. Ma solo un mormorio inarticolato gli uscì dalle labbra. Tutto continuò come se l’uomo mortale non fosse nemmeno presente. Lentamente le forme scivolarono attorno e sopra finchè, nella medesima maestosa processione, fluttuarono via attraverso la finestra e si dileguarono nel chiaro di luna.
Allora, il vano della finestra si oscurò per il sopraggiungere di un nuovo essere a prima vista indistinto, ma che bastò per cambiare all’istante la delizia prima sperimentata in ineffabile orrore. Era come una testa umana coperta da un velo oscuro attraverso il quale brillavano, con livido e demoniaco fuoco, due occhi che lo agghiacciarono tutto. Null’altro che il volto poteva distinguere, ma il terrore che gli era sembrato impossibile sopportare aumentò mille volte quando, dopo una pausa, il Fantasma scivolò lentamente nella stanza. La nuvola si ritirò, al suo avanzare. Le lampade divennero opache e le fiamme oscillarono. Il corpo ne era velato come il volto, ma le linee erano femminili. Non si muoveva come si muovon gli spettri che vogliano simulare la vita: sembrava piuttosto strisciare in guisa di rettile, e fermandosi alla fine, fissò nuovamente gli occhi del temerario evocatore. Aveva in sé qualcosa di quasi umano nella sua passione di odio e di beffa, qualcosa che serviva a dimostrare che quell’Orrore fatto d’ombra no nera solamente spirito, ma era composto di una materia misteriosa che lo rendeva mortale per i corpi materiali.
Tu sei entrato nella regione incommensurabile. Io sono il Guardiano della Soglia. Colui che difende il varco. Che vuoi tu da me? Taci? Mi temi? Ma non sono io proprio colui che tu ami? Non è forse per me che hai rinunciato ai diletti della tua razza? Mia è la saggezza delle età senza numero. Baciami, o mio amante mortale!
E l’Orrore strisciò più vicino a lui. Gli giunse a fianco, il suo respiro gli vibrò sulla guancia…
Con un acuto grido, Glyndon cadde svenuto.”
La prova del Guardiano della Soglia non è semplice da considerare, anche solo a livello intellettuale: io non so cosa ci sia oltre, non ho sperimentato l’Iniziazione. Eppure a volte mi viene da chiedermi, (anche leggendo la descrizione che Steiner fa del Grande Guardiano della Soglia à “Iniziazione”, R. Steiner) se il Guardiano possa essere considerato un simbolo. Elifas Levi parla spesso dell’enigma della sfinge, riferendosi alla sfinge sia dal punto di vista del mito di Edipo, che dal punto di vista di “insieme di animali” –che sono poi gli stessi animali presi come simbolo degli evangelisti: le ali d’aquila, i lombi di toro, gli artigli di leone e la testa umana.
Ognuno di questi animali non è che una virtù umana resa simbolo: la testa umana come intelligenza, le ali d’aquila come libertà, i lombi di toro come pazienza, gli artigli di leone come forza.
La risposta all’enigma che la Sfinge fa ad Edipo (qual è l’animale che al mattino ha quattro gambe, al pomeriggio due e alla sera tre?) è: l’uomo.
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