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Messaggio Da Mik Darko Ven Set 11, 2009 11:44 am


Abbiamo accennato nel precedente post al fatto che attraverso successive estrapolazioni ed una presunzione di completezza si costruisce quella che abbiamo chiamato una "visione del mondo naturale" (VMN). Che relazione c'e' tra una VMN e una "visione generale del mondo" (VGM), quella che si dice anche una Weltanschauung, vale a dire il complesso totale delle credenze di un individuo, tra le quali trovano posto, oltre alle opinioni sulla natura dell'universo, anche quelle sull'uomo, il suo ruolo ed il suo destino, in altre parole tutte quelle istanze relative al significato che sono poi alla base dei nostri comportamenti etici?

Esprimendoci sinteticamente, possiamo dire che una VGM e' costituita dall'unione di una parte fisica e di una parte "metafisica", ovvero, nei nostri termini, di una VMN e di una parte complementare che riguarda tutto il resto. Cio' premesso, e' chiaro che non e' possibile "attaccare" ad una data VMN una qualsiasi metafisica, perche' e' necessario allo scopo di costituire una VGM coerente che ci sia una certa forma di accordo, di armonia, tra VMN e credenze metafisiche.
E' questa ovvia necessita' che si ritrova ad esempio alla radice degli storici conflitti tra la scienza e la "fede", valga per tutti quello paradigmatico tra Galileo Galilei e Roberto Bellarmino.

In effetti anche nelle VGM nelle quali la parte metafisica e' preminente esiste sempre almeno in embrione una VMN; e, viceversa, anche se in una VGM e' preminente la parte naturale, come nel caso dello "spirito" del nostro tempo di cui presto diro', la parte metafisica non puo' essere mai del tutto vuota. Le modifiche proposte da Galileo alla VMN del tempo furono allora viste giustamente sotto questo punto di vista dal Bellarmino come un attentato a tutto l'edificio conoscitivo, proprio perche' consapevole del fatto che un'esigenza di coerenza avrebbe imposto all'uomo come essere raziocinante anche una revisione della parte metafisica che voleva difendere.

Cerchero' di esprimere questo concetto anche in un altro modo, usando la terminologia, oggi di moda, ispirata a K. Popper: se e' vero che in una VGM la VMN costituisce la parte piu' di rettamente falsificabile, e' pero' anche vero che la parte rimanente non sfugge neanche lei ad un suo specifico "criterio di falsificazione", proprio perche' l'esigenza di coerenza impone il rifiuto di opinioni metafisiche che diventano, se non proprio confutate, quanto meno implausibili alla luce di certe conoscenze fisiche. Per prevenire qualche obiezione, va detto che cosi' come un accrescimento di queste ultime non necessariamente modifica una VMN, cosi' pure un mutamento della VMN non impone comunque un riassestamento della parte metafisica di una VGM. E ancora, non e' detto che la dialettica interna tra le due parti in cui abbiamo suddiviso una VGM si sviluppi sempre in sequenza temporale, vale a dire storicamente, con una precedenza dell'una sull'altra: assistiamo a casi nei quali e' la parte metafisica che viene suggerita da quella naturale, ed a casi inversi nei quali e' la parte metafisica che per cosi' dire "inventa" la VMN. Allo scopo di illustrare quanto precede con un esempio, oltre al "caso Galilei", basta pensare alle "difficolta'" nelle quali si e' trovato il pensiero cattolico (o, piu' generalmente, qualsiasi VGM che ricorra al concetto di un "creatore"), all'apparire delle prime ipotesi sulla teoria dell'evoluzione di J.B. Lamarck e C. Darwin. Per terminare su questo aspetto della questione, se e' vero che una metafisica "viva" dispone di risorse concettuali ed interpretative tali da permetterle di non correre i rischi di una vera e propria teoria sperimentale, e' anche vero che un costante sforzo di revisione o di adattamento puo' alla lunga essere sentito come troppo faticoso, e soprattutto artificiale, con conseguente "abbandono" della VGM che si stava cercando di sostenere. Alla luce di quanto detto, si comprende come quando si parla ad esempio oggi di "morte di Dio", non si fa altro che riferirsi alle difficolta' delle metafisiche tradizionali di fronte all'estendersi ed al consolidarsi di una VMN che, acquistata autorevolezza grazie alle conquiste tecnologiche che abbiamo tutti sotto gli occhi, riferisce a circostanze spontanee e fortuite l'origine tanto della vita quanto dell'universo. La situazione nella quale si puo' trovare ancora oggi chi voglia cercare di conciliare "scienza" e "fede" e' perfettamente descritta da un altro matematico, G. Melzi:

"La preoccupazione [...] e' che possa diventare da un momento all'altro inevitabile la scelta fra queste alternative, tutte egualmente deprecabili: ridimensionare le proprie aspettative di verita' dalla parte della scienza, ridimensionare le proprie aspettative di cultura dalla parte della fede, ridimensionare la propria mente imponendole il quadro depresso della doppia verita', anzi della verita' a due piani".

Quest'ultima osservazione suggerirebbe invero che quella particolare forma del "principio di non contraddizione" sulla quale sto cercando di fondare l'interazione tra parte naturale e parte metafisica di una VGM, non e' forse poi cosi' comune, e che alcuni (molti?) riescono a convivere senza troppi disturbi anche in presenza di qualche incoerenza, purche' non simultanea, ovvero, a livelli diversi del sistema della conoscenza (mi riferisco sempre qui ovviamente ad un contesto per quanto possibile sincronico). Sulla reale possibilita', e sulla frequenza "storica" di siffatta "schizofrenia" intellettuale, non mi soffermero', anche se il tema meriterebbe una particolare attenzione. Preferisco invece dedicare qualche riga, per non essere frainteso, alla confutazione delle opinioni "irrazionali" che sostengono che sia sempre il quadro metafisico a determinare quello fisico ("e' l'opinione che crea i fatti, e' la teoria che fa gli esperimenti"), e fanno assomigliare allora lo scienziato al poeta, ad un costruttore di "miti".
Ritengo invece che la scienza abbia per sua propria natura a che fare comunque con tutta una serie di fatti naturali accertati o accertabili, ripetibili ed immodificabili, questi si' costituenti (con la prudenza della quale si deve tener conto in virtu' di quel che si diceva prima) il nucleo irreversibile e saldo di ogni serio "sistema" conoscitivo.

E' vero piuttosto, come abbiamo detto, che, dal punto di vista diacronico, VMN e metafisica sono in un rapporto "dialettico" senza un fissato ordine di precedenza, che qualche volta, come insegna la storia, e' stata l'una a guidare l'altra, e qualche volta viceversa, anche se e' naturalmente vero che, nel caso si diano due diverse teorie che inglobano il "nucleo" di cui si diceva prima, allora e' piuttosto la coerenza con un quadro metafisico gia' accettato quella che opera la selezione tra di esse, che non altre ragioni strettamente scientifiche.

La situazione non giustifica quindi ne' i tentativi di "riduzione" della Weltbild alla Weltanschauung, o viceversa, ne' deve fare comunque dimenticare che la parte piu' certa della nostra conoscenza, e con la quale dobbiamo sempre fare i conti, e' quella che ci rapporta con il reale. Se si dimentica questa necessita', si corre il rischio di scambiare per certezze i nostri desideri, di dare corpo ai "sogni" ispirati dalle nostre pulsioni profonde, di "credere" a fantasie con le quali si cerca di esorcizzare il timore della morte.

Spirito del tempo

Per tornare al tema principale del nostro discorso, e' ormai chiaro che la motivazione "profonda" che stavo cercando di determinare e' proprio la visione generale del mondo che molti fisici hanno a comune, quella che C.G. Jung chiama lo spirito del tempo, che nel nostro caso e' ormai consolidato da oltre due secoli. Con questo non voglio certo affermare che tutti i fisici hanno la stessa VGM (ci sono evidentemente eccezioni), ma che la maggior parte delle loro singole VGM, con le innumerevoli possibili varianti, appartengono tutte comunque ad una stessa famiglia (alla quale mi piace riferirmi come a quella della "III meta fisica").

In altre parole, ritengo che la VMN costruita dagli inizi della scienza moderna fino ad oggi, se non proprio implichi logicamente, almeno alluda ad una ben precisa VGM, quella che Tolstoi con sensibilita' di letterato individuo' e descrisse correttamente quasi un secolo fa (precisamente nel 1884, prima ancora che la fisica atomica e nucleare fossero sorte):

"Nello spazio infinitamente grande, in un tempo infinitamente lungo, particelle infinitamente piccole si modificano in una complessita' infinita, e quando tu avrai capito le leggi di tali modificazioni, allora avrai capito anche perche' vivi".


E' questo lo "spirito del tempo" con cui abbiamo a che fare, il quadro metafisico nel quale e' nata, e si e' poi sviluppata, viepiu' rafforzandolo, tutta la nostra scienza occidentale, anche a costo di cedere alle "tentazioni" di cui si diceva prima, quasi un tributo che un figlio dovesse rendere al proprio padre. Invero, una siffatta concezione si impose gradatamente assieme a quello che chiamero' un "processo di deantropocentrizzazione".

All'inizio, fu la scoperta di un Nuovo Mondo a cominciare a mettere in crisi la rassicurante idea di un essere umano creatura privilegiata del cosmo, posta a vivere al centro di un'unica estensione di terra circondata dalle acque, situata a sua volta al centro dell'universo sotto lo sguardo costante di Dio, concezione anche questa seconda che veniva subito dopo definitivamente (?) smantellata da Copernico.

Poteva restare comunque un posto privilegiato all'uomo in quanto questi si immaginasse dotato di una "parte spirituale", un'anima, che lo differenziasse dal resto dei componenti del regno animale, ma Darwin e seguaci distrussero anche questa illusione. L'ultima spiaggia dell'orgoglio umano era a questo punto rappresentata dal fatto che almeno con le sue "categorie mentali" l'uomo era in grado di comprendere le leggi della gigantesca macchina nella quale si trovava a vivere (giusta lo spinoziano "Ordo et connectio idearum idem est ac ordo et connectio rerum"), ma A. Einstein convinse tutti che anche i concetti di spazio e tempo con i quali si costruiva la fisica "classica" non erano altro che semplici prodotti del nostro povero cervello di mammiferi primati, e che poco si addicevano alla realta' intima di una natura assai piu' complessa, e da allora in poi anche sempre piu' impossibile da concepire "razionalmente".

Nella scienza contemporanea si assiste allora al fenomeno che il fisico F. Selleri definisce "l'epistemologia della rassegnazione": ci si rifugia nelle "specializzazioni", e ci si persuade che, piu' che alla ricerca della "verita'", lo scienziato (il filosofo) debba volgere i suoi sforzi alla produzione di "modelli utili", e tuttavia la cittadella dell'ortodossia continua ad essere strenuamente difesa sulle "vecchie" basi.

C'e' chi in effetti vede nelle conseguenze filosofiche della fisica del XX secolo un notevole mutamento di prospettiva rispetto al materialismo meccanicista dell'800, ma io indicherei, piu' che le ovvie differenze tra le due, una loro rilevante somiglianza: e cioe' che dipendono entrambe per la parte metafisica dal tentativo riduzionista di eliminare dal dualismo materia/spirito uno dei due poli per farne una conseguenza dell'altro.

Se nell'800 si tento' a questo scopo senza successo di "determinare lo spirito" (concezione peraltro ancor oggi diffusa presso molti scienziati), nel '900 si e' cercato simmetricamente di "indeterminare la materia", ma il fine ed il risultato e' stato sempre lo stesso.

Per esemplificare meglio quanto precede vorrei citare infine alcune parole di un altro grande matematico, E. Kaehler, nelle quali, dal mio punto di vista, la matematica, come linguaggio della fisica, puo' venire identificata con questa:

"La matematica, l'intelletto sviluppato dall'umanita', e la filosofia, il dominio dello spirito, costituiscono un'unita', un equilibrio, fra le forze dell'analisi e quelle della sintesi. Lo stato presente delle scienze non realizza questa unita' spirituale. La maggior parte della matematica non e' che energia potenziale dello spirito, mentre un'altra parte della matematica ha quasi soffocato lo spirito, nella misura che il dogma dell'uomo moderno si riduce alle tre umiliazioni dell'umanita' constatate da S. Freud: la decentralizzazione della terra, l'interpretazione della vita come un fenomeno di vecchiaia della natura, la riduzione dell'ego umano ad un centro di aggressione e di sessualita'".

Per avviarci ormai verso la conclusione, ecco che ho creduto di individuare nel descritto spirito del tempo, nell'unica metafisica oggi ammissibile per un "vero" scienziato, che non voglia tenere in alcun conto residui di "vecchie superstizioni", la ragione profonda del conflitto tra scienza e parascienza, o meglio, tra scienziati e "parascienziati".

Esiste infatti un'assoluta incompatibilita' tra le affermazioni sul paranormale, per cio' che esse sottintendono in relazione ad un ruolo particolare dell'essere umano, e quella Weltanschauung che ho cercato di descrivere prima nelle sue linee essenziali. E naturalmente, come ci dice Jung,

"con lo spirito del tempo non e' lecito scherzare: esso e' una religione, o meglio ancora una confessione, un credo, a carattere completamente irrazionale, ma con l'ingrata proprieta' di volersi affermare quale criterio assoluto di verita', e pretende di avere per se' tutta la razionalita'".

Per quanto attiene infine alla scienza "eretica", sono dell'opinione che questo conflitto metafisico sia presente, almeno nello sfondo, anche nell'ostilita' che gli scienziati ortodossi praticano nei confronti dei sostenitori di teorie non-convenzionali, al di la' di piu' appariscenti motivi economici, o di prestigio e di potere accademico: sia perche' modificazioni della VMN, anche se non necessariamente conducenti a sconvolgimenti di una VGM, sono comunque malviste, sia perche' operazioni di "igiene mentale", quali ad esempio quella proposta dal fisico R. Monti in opposizione alla teoria della relativita', ed in favore di un "principio di razionalita'" con cui si vorrebbe rifondare la fisica sulle "nozioni ordinarie" di spazio, tempo e causalita', vanno comunque in senso inverso al processo di deantropocentrizzazione dianzi accennato.

Come si potra' uscire da un siffatto stato di cose? E' possibile che la scienza, con l'appoggio fornitole anche dalla tecnologia, schiacci del tutto ogni opinione rivale, cosi' come e' possibile viceversa che una "rivoluzione irrazionale" porti a dimenticare anche quanto di buono la scienza ha fatto soprattutto nel campo della pura conoscenza, che e' quello che deve stare a tutti piu' a cuore.

Le due alternative sono entrambe da temere, e la speranza invece e' che, considerando fallito il tentativo di un "mondo senza spirito", qualcuno riesca a costruire le linee fondamentali di una IV metafisica, che affianchi come altrettanto reale a quello materiale un polo spirituale: ma ne' uno spirito contrapposto in qualche misura al mondo, come avviene secondo l'impostazione dualista, ne', alla moda "idealista", uno "spirito senza mondo". La novita' che bisogna forse cominciare a esaminare e' quella di uno "spirito nel mondo", del quale si riconoscano allora di conseguenza anche le debolezze ed i limiti. Una metafisica che, come sintesi delle precedenti, sia edificata con frammenti di quelle, ma realista senza essere riduzionista, scientifica senza essere materialista.

Ci sara' spazio nella IV metafisica per i fenomeni paranormali? Sarebbe imprudente azzardare una previsione, anche se personalmente, per quel poco che mi e' capitato di incontrare nella mia esperienza di vita, ne dubito molto, visto che questi potranno essere accettati solo quando usciranno dal piano della paranormalita' per entrare in quello puro e semplice della "normalita'". Con questo non voglio dire che la loro spiegazione naturale dovra' essere necessariamente "facile", o nei termini delle teorie gia' a disposizione, ma che almeno sul piano fenomenologico la loro reale esistenza dovra' essere accertata al di la' di ogni dubbio, viceversa oggi molto giustificato.

Al proposito, ho addirittura l'impressione che molto dell'interesse per il paranormale, piu' che provocato da un reale imbattersi in fenomeni di questo tipo (si noti quanto e' frequente nei loro resoconti il riferirsi ad "altri", come nelle "leggende metropolitane"), non sia in verita' altro che espressione di un rifiuto della III metafisica, e della conseguente esigenza filosofica di una nuova visione generale del mondo. In altre parole, chi vorrebbe reintrodurre con tutti i diritti il termine di "spirito" nel dibattito delle idee, ritenendolo piu' aderente alla descrizione della propria esperienza personale, guarda allora con interesse e speranza all'esistenza di fenomeni paranormali come ad una eventuale prova di quello, quasi che ci fosse bisogno di ulteriori prodigi oltre alla constatazione, direttamente ed immediatamente sperimentata da ogni soggetto pensante, di una materia che diventa cosciente di se stessa, soffre ed ama.

Alcuni degli elementi costitutivi di questa nuova metafisica, che possa restituire alla nostra conoscenza quell'unita' spirituale di cui sentiamo il bisogno, si intravedono gia' nelle riflessioni di alcuni pensatori contemporanei, ma e' chiaro comunque che per condurre in porto la sua costruzione dovremo ancora aspettare colui che sapra' trovare parole nuove per esprimere concetti nuovi, anche se "antichi".

Umberto Bartocci
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