Lost, l’LSD, il Dharma e il mondo quantico
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Lost, l’LSD, il Dharma e il mondo quantico
E’ imminente la conclusione della sesta e ultima stagione di Lost, e il mistero sull’origine, il carattere e la missione dell’isola che da sei anni intrappola una manciata di personaggi e alcune centinaia di milioni di spettatori ovunque nel mondo, rimane più o meno fitto quanto lo era all’inizio.
O meglio: il quadro è più chiaro, s’intravvede la cornice e s’intuisce il senso dell’opera, ma troppi particolari sfuggono e le domande di fondo rimangono senza risposta. Basterebbe questo intrico di mistero, interrogativi filosofici e narratologici, cultura popolare, maestri del Dharma e struggenti storie d’amore per fare di Lost la più grande serie di sempre.
Tutto, sull’isola e dunque nel mondo, ruota intorno a Jacob. Biancovestito e dotato di poteri soprannaturali, sappiamo che Jacob è apparso nelle vite dei naufraghi in momenti e situazioni differenti, “segnandoli” con il tocco di una mano e chiamandoli così al loro destino. Che sarebbe quello di essere altrettanti “candidati” al ruolo di custode supremo dell’isola, dopo la morte dello stesso Jacob; e l’isola, come il suo signore spiegò una volta in riva all’oceano, è il tappo che costringe il male del mondo a rimanere imprigionato come uno spirito in un’ampolla, a non fuoriuscirne mai, a non sopravvanzare come una grande marea nera il mondo intero.
E nero, infatti, è l’universo di forze che si oppone a Jacob, a cominciare da quel black smoke che debuttò già nelle primissime puntate e che ogni tanto fa sfracelli, per finire con l’abbigliamento dell’antagonista di Jacob, il fratello gemello separato dal destino, il senzanome “man in black” che predice l’arrivo della fine.
Non sappiamo chi vincerà, e neppure se le cose stanno davvero così (nei western, ad ogni modo, il capo dei cattivi ha sempre il cappello nero e John Wayne ha sempre il cappello bianco); ma oggi sappiamo chi è Jacob. E poiché gli sceneggiatori hanno più volte dichiarato che il nome di ogni personaggio è sempre reale, e che la scelta non è mai casuale,
O meglio: il quadro è più chiaro, s’intravvede la cornice e s’intuisce il senso dell’opera, ma troppi particolari sfuggono e le domande di fondo rimangono senza risposta. Basterebbe questo intrico di mistero, interrogativi filosofici e narratologici, cultura popolare, maestri del Dharma e struggenti storie d’amore per fare di Lost la più grande serie di sempre.
Tutto, sull’isola e dunque nel mondo, ruota intorno a Jacob. Biancovestito e dotato di poteri soprannaturali, sappiamo che Jacob è apparso nelle vite dei naufraghi in momenti e situazioni differenti, “segnandoli” con il tocco di una mano e chiamandoli così al loro destino. Che sarebbe quello di essere altrettanti “candidati” al ruolo di custode supremo dell’isola, dopo la morte dello stesso Jacob; e l’isola, come il suo signore spiegò una volta in riva all’oceano, è il tappo che costringe il male del mondo a rimanere imprigionato come uno spirito in un’ampolla, a non fuoriuscirne mai, a non sopravvanzare come una grande marea nera il mondo intero.
E nero, infatti, è l’universo di forze che si oppone a Jacob, a cominciare da quel black smoke che debuttò già nelle primissime puntate e che ogni tanto fa sfracelli, per finire con l’abbigliamento dell’antagonista di Jacob, il fratello gemello separato dal destino, il senzanome “man in black” che predice l’arrivo della fine.
Non sappiamo chi vincerà, e neppure se le cose stanno davvero così (nei western, ad ogni modo, il capo dei cattivi ha sempre il cappello nero e John Wayne ha sempre il cappello bianco); ma oggi sappiamo chi è Jacob. E poiché gli sceneggiatori hanno più volte dichiarato che il nome di ogni personaggio è sempre reale, e che la scelta non è mai casuale,
scoprire l’identità del “vero” Jacob può aggiungere qualche luce al mistero.
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