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Le dee come archetipi - Grecia

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Messaggio Da matrona Mer Set 22, 2010 8:04 pm

Tratto e adattato da “Le dee dentro la donna” di Jean Shinoda Bolen, Astrolabio-Ubaldini Editore, 1991
fonte: http://www.ilcerchiodellaluna.it/pag_set_frame.htm?central_Dee.htm

La maggior parte di noi ha studiato le divinità dell' Olimpo a scuola e ne ha veduto statue e dipinti.
I romani adoravano le stesse divinità dei greci, chiamandole con nomi latini. Gli abitanti dell’Olimpo possedevano qualità molto umane: modi di agire, reazioni emotive, sembianti e mitologia che li riguardano ci forniscono modelli che corrispondono a comportamenti e atteggiamenti umani. Essi ci sono familiari anche perché sono archetipi, ossia rappresentano modelli di esistenza e di comportamento che riconosciamo dall’inconscio collettivo di cui siamo tutti partecipi.

Gli archetipi delle divinità femminili che descriverò in questo libro sono le sei dee dell'Olimpo (Estia, Demetra, Era, Artemide, Atena e Afrodite) con l’aggiunta di Persefone la cui mitologia è inseparabile da quella di Demetra.

Ho poi suddiviso queste sette dee in tre categorie: le dee vergini, le dee vulnerabili e le dee alchemiche (o portatrici di trasformazione).
Le dee vergini erano già classificate insieme nella Grecia antica. Le altre categorie sono una mia scelta.

Modalità di coscienza, ruoli privilegiati e fattori motivanti sono ciò che contraddistingue ogni gruppo. Anche l’atteggiamento verso gli altri, il bisogno di attaccamento e l'importanza attribuita ai rapporti sono palesemente diversi da gruppo a gruppo .
Affinché che la donna possa amare profondamente, lavorare in maniera significativa ed essere sensuale e creativa, occorre che nella sua vita trovino in qualche modo espressione le dee di tutte e tre le categorie.

Le dee vulnerabili

Definisco le dee del secondo gruppo, Era, Demetra e Persefone, dee vulnerabili.
Era, nota ai romani come Giunone, era la dea del matrimonio e la consorte di Zeus, sovrano degli dèi dell’Olimpo.
Demetra, la romana Cerere, era la dea delle messi. Nel mito principale che la riguarda viene esaltato il suo ruolo di madre.
Persefone, in latino Proserpina, era sua figlia, chiamata dai greci anche Kore: ‘fanciulla’.

Le tre dee vulnerabili rappresentano i ruoli tradizionali di moglie, madre e figlia.
Sono archetipi dell’orientamento al rapporto, quelle dee, cioè, la cui identità e il cui benessere dipendono dalla presenza, nella loro vita, di un rapporto significativo; esprimono il bisogno di appartenenza e di legame tipico delle donne; sono sintonizzate sugli altri e sono vulnerabili.
Vennero tutte e tre violentate, rapite e dominate o umiliate da divinità maschili.
Quando un legame veniva spezzato o disonorato, ognuna di loro soffriva nel proprio modo caratteristico e manifestava sintomi che assomigliavano alla malattia psichica.
Ognuna di loro subiva anche un'evoluzione che può aiutare le donne a capire profondamente la natura e la modalità delle loro reazioni alla perdita, e le possibilità di crescita attraverso la sofferenza, proprie di ciascuno dei tre archetipi che le dee rappresentano.

Persefone: fanciulla e regina degli Inferi

La dea Persefone, che i romani chiamavano Proserpina o Cora, era venerata in due modi, come fanciulla, o Kore (che significa 'giovinetta') e come regina degli Inferi.
Kore era una giovane dea slanciata e bellissima, associata ai simboli della fertilità: il melograno, il grano, i cereali e il narciso, il fiore che la adescò.

Come regina degli Inferi, Persefone è una donna matura, che regna sulle anime dei morti, guida i viventi agli Inferi e pretende per sé ciò che vuole.

Benché Persefone non fosse una delle dodici divinità dell'Olimpo, era la figura centrale dei Misteri Eleusini, che per duemila anni prima del cristianesimo furono la più importante religione dei greci, nei quali si viveva l’esperienza del ritorno, o del rinnovarsi della vita dopo la morte, attraverso la ricomparsa annuale di Persefone dall’oltretomba.

Genealogia e mitologia

Persefone fu l’unica figlia di Demetra e di Zeus. La mitologia greca, caso insolito, ne tace le circostanze del concepimento.

All’inizio del mito di Demetra-Persefone, Persefone era una fanciulla spensierata, che raccoglieva fiori e giocava con le amiche. Poi all’improvviso Ade emerse sul suo carro da una fenditura della terra, ghermì la fanciulla piangente e la portò nel mondo sotterraneo per farne la propria riluttante sposa.
Demetra non accettò la situazione, abbandonò l’Olimpo, si diede da fare perché Persefone tornasse, e infine costrinse Zeus a cedere ai suoi desideri.
Zeus mandò Ermes, il messaggero degli dèi, a riprendere Persefone.
Ermes giunse nel mondo sotterraneo e trovò una Persefone sconsolata, la cui disperazione si trasformò però in gioia quando scoprì che egli era lì per lei e che Ade l’avrebbe lasciata libera. Tuttavia, prima di lasciarla andare, Ade le diede alcuni semi di melograno che lei mangiò. Quindi salì sul carro con Ermes che la riportò velocemente da Demetra.

Madre e figlia, una volta ritrovate, si abbracciarono con gioia, e Demetra si informò ansiosamente se Persefone non avesse per caso mangiato qualcosa, nel mondo degli Inferi. Lei rispose di aver mangiato alcuni semi di melograno perché Ade l’aveva costretta a farlo "con la violenza e contro il suo volere" (cosa non vera). Demetra accettò la storia, e il ciclo che ne seguì.
Se Persefone non avesse mangiato niente, le sarebbe stata restituita senza condizioni. Invece, avendo mangiato i semi di melograno, ora avrebbe trascorso un terzo dell'anno agli Inferi con Ade, e due terzi nel mondo dei vivi, con lei.

In seguito Persefone divenne regina degli Inferi.
Quando eroi ed eroine della mitologia greca si recavano nel regno dei morti, Persefone era là a riceverli e a fare loro da guida (nessuno la trovò assente. Non c'era mai sulla porta un biglietto che dicesse: "Tornata a casa dalla madre", anche se il mito ci dice che era così per i due terzi dell'anno).

Nell’Odissea, l’eroe Ulisse si recò agli Inferi, dove Persefone gli mostrò le anime di donne leggendarie; nel mito di Eros e Psiche, l’ultimo compito di Psiche fu quello di discendere nel mondo sotterraneo con uno scrigno che Persefone doveva riempire con l’unguento dell’eterna giovinezza per Afrodite; l’ultima delle dodici fatiche di Ercole portò anche lui da Persefone: l’eroe doveva ottenere il suo permesso di portare via Cerbero, il feroce cane da guardia dalle tre teste, che domò e mise al guinzaglio.

Persefone lottò contro Afrodite per il possesso di Adone, il bel giovane che fu amato da entrambe le dee. Afrodite lo aveva nascosto in una cassa e mandato a Persefone perché lo custodisse. Ma nell’aprire la cassa, la regina degli Inferi fu a sua volta rapita dalla sua bellezza e si rifiutò di restituirlo: ora lottava per Adone contro un'altra divinità, come Demetra e Ade avevano fatto per lei. La disputa venne portata davanti a Zeus, il quale decise che Adone avrebbe trascorso un terzo dell’anno con Persefone, un terzo con Afrodite, e che sarebbe stato libero per il tempo restante.

Demetra
Demetra rappresenta l'energia materna per eccellenza, la vera nutrice e protettrice dei giovani e vulnerabili. Non necessariamente è la madre biologica delle sue creature, poichè sa nutrire con pari amore anche amici, conoscenti e compagni, che in lei vedono la buona madre sulla cui spalla si può piangere. Il suo senso protettivo e la sua determinazione nel difendere sono leggendarie, come l'orsa che protegge il suo cucciolo. Il suo limite consiste nell'identificarsi nel solo ruolo di madre e nella difficoltà a lasciare andare le sue creature.
La donna che incarna l'archetipo Demetra ha bisogno di comprendere che, come la natura con il ciclo delle stagioni insegna, il cambiamento è parte del ciclo naturale delle cose, e resistere ad esso significa solo ristagnare.
La Dea della fertilità può essere madre di tante creature, di un figlio, di un animale, di un opera d'arte o di un progetto creativo. Ma qualsiasi sia l'oggetto del suo amore, deve imparare a lasciarlo andare, affinchè a sua volta segua il suo percorso.

Il Mito
Antica Dea greca della natura e delle messi, simbolizza l'energia materna archetipica.
Dea di fertilità, presiede al ciclo naturale di morte e rinascita.
Figlia di Rea e di Crono, Demetra è descritta nell'inno omerico come sorella maggiore di Zeus, con cui concepì l’adorata figlia Persefone-Kore.
Ma un giorno Persefone, fresca come un fiore, scomparve e sua madre non riuscì a trovarla da nessuna parte. Piangente, Demetra cercò e ricercò ovunque nelle campagne chiamando a gran voce questa figlia che le era tanto vicina da sembrare quasi un suo doppio, la sua infanzia, la sua giovinezza felice. In preda all’ira Demetra afferrò il suo manto verde-azzurro e quasi senza pensarci lo fece in minuti pezzi e li sparse tra l’erba ovunque come fossero spighe di grano. Ma fiori ed erba appassirono ben presto perché la stessa Demetra era l’origine di ogni crescita e il suo dolore faceva sì che la sua energia abbandonasse le piante, che cominciarono ad avvizzire. Fu così che Chloè (la verde), la gioiosa terra, si trasformò per la prima volta nella Demetra autunnale, dai colori giallo oro.
La Dea vagò per la terra morente finchè giunse a una città vicina ad Atene. Lì, sotto le sembianze di una vecchia di nome Doso, assunse l’incarico di nutrice preso la regina di Eleusi Metanira, di cui voleva rendere immortale il figlio Trittolemo tenendolo sospeso sulle fiamme del focolare. La regina terrorizzata la scoprì e la Dea in incognito venne riconosciuta. Demetra restò tuttavia a Eleusi dove sedeva tristemente vicino ad un pozzo, piangendo la perdita della figlia adorata. Un giorno la figlia della regina, Baubo, vide la Dea così triste che volle consolarla. Demetra rifiutava qualsiasi parola di conforto e allora Baubo, per strapparle un sorriso mise allo scoperto maliziosamente i propri organi genitali. Sorpresa Demetra ebbe un sogghigno, la prima risata che la terra moribonda udiva dalla Dea dopo mesi e mesi. Poco dopo Persefone venne restituita alla madre e la primavera fiorì nuovamente sulla terra.
Grata dell’ospitalità ricevuta dagli abitanti di Eleusi, Demetra insegnò l’arte dell’agricoltura al principe Trittolemo e in seguito fece di quella città il centro dei suoi riti misteriosi, i famosi Misteri Eleusini.
Questa storia greca della grande dea è un’evidente metafora del volger delle stagioni, ma rappresenta anche un tenero archetipo del legame tra madre e figlia. Pur essendo una variante del comune mito mediterraneo che mostra come la terra ami e consumi la sua vegetazione, questa leggenda ha di singolare l’accento posto non sull’amore sessuale tra il figlio che eternamente muore e la madre, ma sul legame familiare tra la materna Demetra e la sua adorata figlia Persefone. Questa figlia, la terra durante la primavera, in realtà era solo un’altra forma della stessa Demetra. In sicilia l’identità tra Demetra e Persefone era canonica: entrambe erano chiamate damatres (madri) e venivano raffigurate in modo indistinguibile. Ma la forma più comune della grande dea era una triade di dee e non una coppia. Molti studiosi hanno setacciato i più famosi miti di demetra sperando di trovare il terzo elemento della triade femminile, la terra invernale, la vecchia carica di età, il seme ibernato.
In generale la riflessione si è soffermata su Ecate, che certamente sembra essere la più simile a una vecchia ta le possibili figure divine del racconto. In più essa compare nei punti cruciali della storia, per esempio era l’unica testimone della scomparsa di Persefone. Dato che difficilmente l’onnisciente terra, Demetra, poteva ignorare ciò che accadeva sulla superficie, è ragionevole pensare che Ecate fosse un aspetto della stessa Demetra in qualità di madre terra.
http://www.ilcerchiodellaluna.it/pag_set_frame.htm?central_Dee.htm

Era
Nella mitologia greca Era o Hera (dal greco Ἥρα o Ἥρη Hera o Here, pron /hɛːra/) era moglie, nonché sorella maggiore, di Zeus.
Figlia di Crono e Rea, sorella e poi moglie di Zeus, era considerata, la sovrana dell'Olimpo. Fu brutalmente ingoiata dal padre appena nata, che intendeva ucciderla. Come tutti i suoi fratelli fu restituita alla vita grazie allo stratagemma ideato da Meti e attuato da Zeus. Fu allevata nella casa di Oceano e Teti, e poi nel giardino delle Esperidi o sulla cima del monte Ida sposò Zeus. Zeus amava segretamente Era già dal tempo in cui Crono regnava sui Titani, ma, come spesso accade ai giovani, non sapeva come fare a dichiararle il suo amore.
Era la dea del matrimonio e la sua continua lotta contro i tradimenti del consorte diede origine al tema ricorrente della "Gelosia di Era" che rappresenta lo spunto per quasi tutte le leggende e gli aneddoti relativi al suo culto[1]. La figura a lei corrispondente nella mitologia romana fu Giunone. I suoi simboli sacri erano la vacca ed il pavone.
Era veniva ritratta come una figura maestosa e solenne, spesso seduta sul trono mentre porta come corona il "Polos", il tipico copricapo di forma cilindrica indossato dalle dee madri più importanti di numerose culture antiche. In mano stringeva una melagrana, simbolo di fertilità e di morte usato anche per evocare, grazie alla somiglianza della sua forma, il papavero da oppio[2]. Omero la definiva la Dea dagli occhi "bovini" per l'intensità del suo regale sguardo.
I templi di Era costruiti in due dei luoghi in cui il suo culto fu particolarmente sentito, l’isola di Samo e l’Argolide, risalgono al VIII secolo a.C. e furono i primissimi esempi di tempio greco monumentale della storia (si tratta rispettivamente dell'Heraion di Samo e dell'Heraion di Argo).
Era, molto gelosa dei tradimenti del marito, odiava soprattutto Eracle, suo figliastro. La natura umana dell'eroe portò Era a odiare tutto il genere umano: conosciuta come la più vendicativa degli dèi, spesso usava gli uomini come autori del suo volere distruttivo. Era sceglieva i suoi guerrieri spedendo loro delle piume di pavone, animale a lei sacro.
http://it.wikipedia.org/wiki/Era_(mitologia)


Ultima modifica di matrona il Mer Set 22, 2010 8:24 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio Da matrona Mer Set 22, 2010 8:24 pm

le dee vergini
Con questa categoria si vogliono presentare le divinità femminili che hanno rinunciato all'amore e al loro essere femminile

Atena
Nella mitologia greca, Atena (greco: Ἀθηνᾶ, Athēnâ; ionico Ἀθήνη, Athénē; dorico: Ἀσάνα, Asána), figlia di Zeus e della sua prima moglie Metide, era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra, mentre la violenza e la crudeltà rientravano nel dominio di Ares.
La sapienza rappresentata da Atena comprende le conoscenze tecniche usate nella tessitura e nell'arte di lavorare i metalli. I suoi simboli sacri erano la civetta e l'ulivo. In tempo di pace gli uomini la veneravano poiché a lei erano dovute le invenzioni di tecnologie agricole, navali e tessili, mentre in tempo di guerra, fra coloro che la invocavano, aiutava solo chi combatteva con l'astuzia (Metis) propria di personaggi come Odisseo.
Atena ha sempre con sé la sua civetta, o nottola, indossa una corazza di pelle di capra chiamata Egida (per alcuni storici l'Egida è in realtà uno scudo) donatale dal padre Zeus[1], ed è spesso accompagnata dalla dea della vittoria Nike. Quasi sempre viene rappresentata mentre porta un elmo ed uno scudo cui è appesa la testa della Gorgone Medusa, dono votivo di Perseo. Atena è una dea guerriera e armata: nella mitologia greca appare come protettrice di eroi quali Eracle, Giasone e Odisseo. Non ebbe mai alcun marito o amante, e per questo era conosciuta come Athena Parthenos (la vergine Atena); da questo appellativo deriva il nome del più famoso tempio a lei dedicato, il Partenone sull'acropoli di Atene. Dato il suo ruolo di protettrice di questa città, è stata venerata in tutto il mondo greco anche come Athena Polis (Atena della città). Il suo rapporto con Atene era davvero speciale, come dimostra chiaramente la somiglianza tra il suo nome e quello della città[2].
Il culto della dea Atena nell'area Egea risale probabilmente ad epoche preistoriche[3]. Si sono trovate prove del fatto che nell'antichità Atena fosse vista essa stessa come una civetta, o comunque si trattasse di una Dea-uccello: nel terzo libro dell'Odissea assume la forma di un'aquila di mare. La sua egida decorata potrebbe rappresentare ciò che rimane delle ali di cui era dotata[4], dal momento che sulle decorazioni di antichi vasi in quel modo viene ritratta.
http://it.wikipedia.org/wiki/Atena

Artemide
Artemide, Dea della caccia e della luna nuova, è figlia di Zeus (Dio del Cielo) e Latona (Ninfa) e sorella gemella di Apollo (Dio del Sole).
La Dea Artemide, nata nell' isola di Delo prima di Apollo, aiutò la madre a partorire il fratello.
Un giorno mentre era ancora una bimba di tre anni suo padre Zeus la prese sulle ginocchia e le chiese quali doni avrebbe gradito.
Lei rispose: l'eterna verginità, l' eterna giovinezza, tanti nomi quanti ne ha mio fratello Apollo, un arco e delle freccie come i suoi, il compito di portare la luce, una tunica da caccia color zafferano con un bordo rosso che mi giunga fino alle ginocchia, sessanta giovani Ninfe oceanine, tutte della stessa età, come mie damigelle di onore, venti Ninfe dei fiumi, perchè queste si curino dei miei calzari e nutrano i miei cani quando io non sono impegnata nella caccia. Artemide allungò la mano per accarezzare la barba di Zeus che sorrise con orgoglio. Lei lo ringraziò, saltò giù dalle sue ginocchia e poi scelse molte Ninfe di nove anni come Sue ancelle.
La Dea Artemide è una delle dodici grandi divinità del Monte Olimpo insieme al fratello Apollo. I Romani la identificavano come Diana. A volte Artemide viene confusa con altre tre divinità che sono in realtà diverse: Selene (Dea della luna piena), Ecate (Dea della luna calante) e Siria (Dea della metamorfosi).
http://www.ilcerchiodellaluna.it/pag_set_frame.htm?central_Dee.htm
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Messaggio Da matrona Mer Set 22, 2010 8:28 pm

dee alchemiche (o portatrici di trasformazione).
Sono quelle dee che rappresentano i sentimenti delle donne che riescono a cambiarla o trasformarla.
Venere è l'amore, quello carnale e passionale.
Estia è la dea del focolare, quindi la donna di casa, la madre, la sacerdotessa
Gli amori Sacri e Profani


Venere

Dea greca dell’Amore, della bellezza e dell’arte, Afrodite corrisponde alla Venere dei romani, ed è considerata da tutti, divini e mortali, la più bella tra le Dee, la più irresistibile ed attraente, vero simbolo dell’Amore, di cui non solo si fa portatrice, ma che incarna e rappresenta.

Per Omero, Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, mentre Esiodo ci racconta un mito più antico, secondo cui Lei nasce dal membro di Urano, lanciato nel mare da Crono dopo aver appunto evirato il padre. Da quel membro si forma una bianca spuma da cui ha origine la fanciulla divina, che nasce trasportata dalle onde del mare. Appena uscita dalle acque, fu trasportata da Zeffiro nell’isola di Citèra (= Cerigo, da cui l’appellativo) e poi a Cipro, da dove il suo culto si diffuse in tutta la Grecia ed in Sicilia.
Così Euripide ne descrive la nascita…

“... La potenza di Zeffiro, l’umido stormitore, duttile la rapì dalle onde del mare che sempre scroscia. Le Ore dal diadema d’oro salutanti la coprirono di vesti immortali, il capo le cinsero del serio d’oro mirabilmente intrecciato. Nel forellino del lobo d’orecchio le misero fiori preziosi d’oro e ottone, indi ornarono il delicato collo e il seno lucente di collane d’oro di cui esse stesse si fregiano, allorché, cerchi d’oro nei capelli, si recano all’amena danza degli dei e alla casa del padre. Compiuta l’opra, portarono Afrodite, tutta splendida com’era ornata, agli immortali. “ Benvenuta “ essi esclamarono, porsero la man destra e ognun la desiderò quale sposa da condurre alla propria magione. Stupore così e meraviglia destò Citerea dalle ghirlande di violette.”

Dunque il giorno della sua nascita l'Olimpo fece una festa e tutti gli Dei si stupirono all'apparire di tanta bellezza, mentre Era ed Atena, fin dal primo momento, sentirono nel cuore il morso della gelosia: capirono istintivamente che da quel momento la loro supremazia sarebbe stata messa in forse da una ben pericolosa rivale. Nessuno, infatti, riusciva a resistere al suo potere: tutti, uomini e animali, persino le piante a primavera obbedivano al suo dolce richiamo.

“Era immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembiante, tutta oro l’abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d’ambrosia, e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all’incanto che emanava dal suo corpo.”

Molti furono i suoi amanti, mortali e divini.
Il primo fu Adone, il bellissimo cacciatore, che ebbe il malaugurato destino di essere assalito un giorno da un feroce cinghiale e di rimanerne ferito a morte, versando larghi fiotti di sangue dalle crudeli ferite che avevano lacerato il suo corpo. La Dea in suo ricordo volle che le sue spoglie, ogni primavera, ritornassero a vivere e a fiorire sotto l'aspetto dell’ anemone, il fiore dall'intenso colore porporino.
Dopo Adone fu sposa di Anchise, principe troiano dalla cui unione con Afrodite nacque Enea. Per questo i Romani la venerarono come loro protettrice, considerandola una loro progenitrice.
Tuttavia l’incondizionato aiuto da essa portato ai Troiani si ricollega con la leggenda del pomo d’oro lanciato dalla Discordia perché venisse concesso alla Dea piú bella. In quell’occasione Zeus ordinò ad Ermes di condurre Era, Atena ed Afrodíte sul monte Ida, dove furono giudicate da Pàride, il quale - quantunque Era lo allettasse con la lusinga di un vastissimo regno e Atena con l’invincibilità in combattimento - diede la palma della vittoria ad Afrodíte, che gli aveva promesso la mano di Elena. E fu cosí che la Dea si schierò coi Troiani per tutta la durata della guerra.
Dopo Anchise fu la volta di Efesto, l'affumicato e zoppo Dio dei fabbri al quale Ella andò sposa.
Tuttavia il suo amante di sempre fu Ares, dal quale avrebbe avuto più figli (anche su questo vi sono diverse versioni) :Eros (Cupido), cioè l’Amore (secondo un’altra versione nato per partogenesi), e Anteros, ossia l’Amore corrisposto.
Dalla loro unione nacquero anche Demo e Fobo (il Terrore e la Paura), oltre che Armonia. Tra i figli di Afrodite ricordiamo anche Imene, Dio delle nozze, in onore del quale giovani e giovinette cantavano inni durante le cerimonie solenni dello sposalizio.

Ma per quanto Afrodite venisse in qualche modo collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, Ella non fu mai la Dea dell’unione coniugale, quale fu invece Era.
Lei rappresenta invece quella potenza che spinge un essere irresistibilmente verso un altro essere, l’amore passionale. Infatti veniva raffigurrata, cinto il corpo di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri, colombe e cigni, mentre indossava il famoso cinto magico, che rendeva irresistibile chiunque lo possedesse, perché vi erano intessute tutte le “malie” d’Afrodite, il desiderio e il favellare amoroso e seducente che inganna anche il cuore dei saggi, come diceva Omero. Persino Era, i cui rapporti con Afrodite non erano certo idilliaci, se lo fece prestare allorché Zeus aveva per la testa qualche avventura galante.

Parecchi sono gli appellativi che si accompagnarono al suo nome, alcuni tratti dal luogo dove era venerata (Ciprigna, da Cipro; Cnidia, da Cnido; Citerea, da Citera, ecc.), altri da funzioni attribuitele, come Pandemia, “di tutto il popolo”: protettrice sia delle sue istituzioni, tra cui le nozze, sia più tardi, con elaborata interpretazione filosofica, dell’amore sensuale e profano, in contrapposizione con l’altro suo appellativo di Urania, dea dell’amore intellettuale e celeste.

In epoca tarda si fece una chiara distinzione tra Afrodite PANDEMO, Afrodite URANIA e Afrodite PONTIA; la prima era l’Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda era la Dea dell’amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza era l’Afrodite marina, patrona della navigazione e dei naviganti. Così il dominio di Afrodite s’estendeva su tutta quanta la natura, e se in un primo tempo, secondo una genesi asiatica, il suo potere fu collegato alla forza dirompente e procreatrice della natura, col tempo attenuò il suo carattere istintivo finchè in Grecia perse tutto quanto potesse rammentare questa sua discendenza per diventare una divinità squisitamente ellenica.
In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit, ove si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della Dea si diffuse in Italia fino a Roma, dove fu venerata col nome di Venus Erycina. Oltre agli appellativi di Ciprigna, Ciprogena e Citerea, Afrodite aveva fra gli altri i seguenti epiteti:

Anadiòmene (emersa dal mare)
Antheia (dea dei fiori, così chiamata a Creta)
Apostrofìa (sviatrice, sottinteso dalle passioni colpevoli)
Aurea (così la si chiama da Omero in poi)
Callìpigia (dal bel sedere)
Filomète (amante dei piaceri)
Peristèa
Pòntica
Tritònia

Espressioni a Lei associate: afrodisiaco, venusiano, venereo, venerazione, veneranda.
http://www.ilcerchiodellaluna.it/pag_set_frame.htm?central_Dee.htm


Estia: La dea del focolare e del tempio

Estia era la dea del focolare, o più precisamente, del fuoco che arde su un focolare rotondo. È la meno nota fra le divinità dell'Olimpo: insieme all' equivalente divinità romana, Vesta, fu raramente rappresentata da pittori e scultori con sembianze umane, ma la sua presenza si avvertiva nella fiamma viva, posta al centro della casa, del tempio e della città. Il simbolo di Estia era un cerchio. I suoi primi focolari erano rotondi e così i suoi templi. Né abitazione né tempio erano consacrati fino a che non vi aveva fatto ingresso Estia, che, con la sua presenza, rendeva sacro ogni edificio. Era una presenza avvertita a livello spirituale come fuoco sacro che forniva illuminazione, tepore e calore.

Genealogia e mitologia
Estia era la primogenita di Rea e di Crono, e quindi sorella maggiore degli dèi delI’Olimpo della prima generazione e zia nubile di quelli della seconda.
Per diritto di nascita era una delle dodici maggiori divinità dell'Olimpo, dove tuttavia non abitava, cosicché non protestò quando Dioniso crebbe d'importanza e la sostituì nella cerchia dei dodici.
Poiché non si coinvolse nelle storie di guerra che hanno tanta parte nella mitologia greca, è la meno conosciuta fra le divinità greche più importanti.
Era tuttavia tenuta in grande onore e a Lei venivano destinate le offerte migliori che i mortali presentavano agli dèi.
La breve mitologia di Estia è riferita in tre inni omerici. Viene descritta come 'la venerabile vergine Estia', una delle tre dee che Afrodite non riesce a sottomettere, a persuadere, a sedurre o anche soltanto a 'risvegliare a un piacevole desiderio'.
Infatti Afrodite fece sì che Poseidone e Apollo si innamorassero di Estia, ma lei aveva fatto giuramento di restare vergine e così li respinse entrambi.
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