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Messaggio Da Violet Mer Dic 01, 2010 3:32 pm

Oggi ho riletto uno stralcio di un libro dell'autore che preferisco. Era un abate dell'800, poi allontanatosi dalla chiesa per ricerche sull'occultismo che l'hanno portato lontano, a riscoprire la Chiesa Universale senza distinzione di divinità, di culto, una grande chiesa unita solamente dai valori, senza la divisione dei nomi e dei volti della divinità.
Il suo Cammino l'ha portato a riscoprire misteri sepolti nelle religioni antiche, quelle che gli occultisti chiamano "i culti stellari" e che con la tragedia che nella nostra Bibbia si racconta velatamente divennero culti solari.
Mi hanno colpita dritta al cuore le sue parole, che non riporto testualmente ma così come le ricordo, salterò qualche riga:
"noi non possiamo dire di volere nulla, se non quello per cui rinunciamo agli affetti più cari; quello per cui mettiamo a repentaglio noi stessi, la nostra salute, la nostra vita.[...]"

"Non si scoraggino gli intrepidi se ciò che vogliono viene ostacolato dalla realtà, perché ogni parola di verità, ogni luce getta analogamente un'ombra. Perché la parola che afferma necessita del contraddittorio, e sarà messa a dura prova dal sarcasmo, dalla negazione, dall'oblio. Ma non vi scoraggiate, poiché l'aratro necessita della terra, e la terra sopporta perché lavora. Così il seme deve essere gettato nell'oblio della terra putrida affinché germogli. Così, la parola che afferma e quella che nega debbono infine maritarsi nella realtà vivente e ciò che è stato detto viene infine creato, attraverso la fatica, il duro lavoro, la pazienza e l'intelligenza che non conoscono ostacoli.
Un uomo o una donna che possiedano il potere di resistere alle dure prove e nonostante questo non lasciarsi abbattere e continuare senza sosta a volere, io dico che potranno spostare le montagne senza sforzo." "...perché i pavidi e i tiepidi sono morti ed inerti, e Dio spesso ha fatto di uomini turpi i suoi santi. Perché chi crede nel male e nella morte, è pur sempre un uomo che vuole, è pur sempre un uomo che sa amare qualcosa, ed è mille volte più vivo di un pavido che non ama nulla. Dio non farà mai niente dei tiepidi e dei pavidi, mentre un grande mostro può diventare un grande uomo....perché la sfida a Dio è sempre vita, e gli uomini liberi non indugeranno a lungo nel male: quando ritroveranno le loro forze, infatti, diverranno fonte di gioia per chi li circonda."
Io non posso definirmi cristiana, perché non mi piace la massa di pecoroni che vanno in chiesa perché "bisogna".
Non mi piace il credere senza comprendere, il "credere per fede".
Non mi piace idolatrare una statua in croce perché penso che chi davvero crede in questo fantomatico "Cristo" sappia bene dove trovarlo, non certo in una simbolo di morte.

Credo invece che possa essere esistito un uomo così grande e perfetto da elevarsi e potersi chiamare senza mentire "figlio di dio", e credo che dovrebbe essere un destino riservato a tutti, una possibilità aperta a tutti.
E credo lo sia, credo che tutti siamo indefinitamente perfettibili secondo le nostre azioni, la nostra volontà ed il nostro sforzo, guidati dalla nostra idea di dio come "essere perfetto", che è come il nostro ideale ci suggerisce. E credo che questo dio sia l'immagine che abbiamo dell'uomo, e quindi di noi stessi, elevata fino a dove la nostra mente riesce a concepire il bello. Il nostro dio, credo, è il nostro modello. Io non posso definirmi pagana, perché credo che le sfaccettature della divinità non siano divise ma siano, appunto, sfaccettature di una Cosa Unica.
E non posso nemmeno definirmi tutte quelle belle cose che stanno saltando fuori: wiccan, new age, e chi più ne ha più ne metta, perché credo che per agire si debba conoscere e non amo questo misticismo della morale che porta solamente a rinchiudersi in nuove gabbie di buonismo e frustrazione.

Credo invece nella conoscenza, credo che non debbano essere dette parole senza cognizione di causa e credo che il pensiero, la parola e l'azione debbano sempre affermarsi l'uno con l'altro per formare una discesa dell'ideale verso il reale.

Credo sia possibile che gli individui trovino un punto di accordo, qualunque sia la loro estrazione morale, sociale, religiosa, superando ogni differenza, solamente quando gli individui siano uomini di conoscenza....una conoscenza che non viene dal libro ma da se stessi.
E' più saggio a volte il contadino ignorante, che conosce il ciclo naturale e quindi la legge a cui tutti gli enti sottostanno, del filosofo morale che cerca di costruire una casa senza fondamenta.

Credo che esista una legge per cui tutto ciò che viene pensato e detto, se accompagnato da azioni conformi a ciò che si vuole, produca modificazioni della realtà, e per questo non mi stupisco delle persone che dicono "ho detto questo ed è accaduto" "ho pensato che si facesse male e si è rotto una gamba" "sapevo che sarebbe successo e così è stato".

Ho imparato a non stupirmi delle cose che molti negano e che reputano fantasticherie: dei fenomeni di telepatia, preveggenza, chiaroveggenza e chi più ne ha più ne metta, perché non li reputo miracoli ma naturali conseguenze di certi stati di coscienza.

Credo però che sia stupido cercare di riprodurli e di provarli davanti a telecamere e studiosi, perché sono fatti spontanei e naturali, belli e spontanei, e per questo non riproducibili in esperimenti, e non siano fenomeni da baraccone e cose di cui stupirsi o provare l'esistenza.

Questo per dire che amo l'essere umano, nelle sue infinite possibilità e sfaccettature, e che mi piace la vita così com'è, nei suoi tesori che molti amano chiamare "miracoli", ma io non credo nei miracoli: io credo solamente.... che se noi imparassimo a credere davvero nella bellezza della vita, dei suoi misteri, dell'uomo, sarebbe tutto diverso e gli orizzonti di ognuno non potrebbero non ampliarsi.

Violet

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